La tomba di Re Artù a Glastonbury, una bufala dei monaci per far soldi
Re Artù quanto si sa realmente su questo famoso condottiero e quanto invece non è una leggenda o peggio ancora una bufala
La collocazione della tomba di Re Artù (Arthur in inglese) a Glastonbury, nel Somerset, era in realtà una bufala ben architettata dai monaci dell’abbazia per attirare più visitatori nel sito.
Mentre gli scavi archeologici e altri ritrovamenti avvenuti in situ nel corso degli anni hanno confermato che la tomba risalisse realmente al tempo di Re Artù, vissuto in Inghliterra nel V secolo d.C., non ci sono prove che suggeriscono che proprio quella sia la tomba dove il re leggendario fu sepolto.
Invece, si scopre, la tomba potrebbe essere stata in realtà poco più di una bufala creata in pieno Medioevo.
Alcuni documenti storici riferiscono lo stato di crescente preoccupazione per l’interesse calante nell’Abbazia di Glastonbury in seguito alla costruzione dell’Abbazia di Westminster a Londra. Fu così che i monaci di Glastonbury si decisero a mettere su la storia della tomba di Re Artù e di sua moglie Ginevra, dicendo di aver trovato gli scheletri dei due sovrani all’interno di un tronco d’albero.
Dall’articolo scritto da Jason Urbanus sulla rivista Archaelogy si evince che le nuove scoperte effettuate dall’archeologa Roberta Gilchrist, che dirige il Glastonbury Archeological Archive Project per la University of Reading, che la situazione era un po’ diversa da quella narrata dalla tradizione.
Un riesame intensivo di 75 anni di scavi e scoperte presso l’Abbazia di Glastonbury, prova che le origini del sito risalgono sì agli anni del presunto del regno di Re Artù, ovvero al V secolo d. C. ma che non vi è alcuna connessione con il sovrano delle leggede.
Nel 1950, l’archeologo Ralegh Radford ritenne veritiere le fonti che volevano lì la sepoltura di Re Artù. Per la Gilchrist “Radford può aver esagerato le sue evidenze. L’analisi dei suoi dati di scavo dimostra che questo era solo un pozzo in un cimitero, risalente ad un periodo fra l’XI e il XV secolo.” Niente di più.
Fioritura e declino di Glastonbury fino all’invenzione della Tomba di Re Artù
Sappiamo per certo che Glastonbury era una fiorente comunità circa 200 anni dopo la sua fondazione, nel VII secolo, dove i Sassoni crearono dei grandi impianti per fondere e riciclare il vetro romano. Questa vetreria messa su dai sassoni e precedente alla fondazione abbazia, era uno dei più grandi impianti di produzione di vetro in tutta l’Inghilterra.
Siamo nell’VIII secolo, quando il re Ine del Wessex concede il terreno per la realizzazione dell’abbazia a Glastonbury. Da quel momento inizia l’ascesa di quello che poi divenne il monastero più ricco di tutta l’Inghilterra. Dominando dalla cima di una pittoresca collina, l’abbazia accrebbe la sua fama grazie alla sua bellezza e alle sue vetrerie, di cui col tempo i monaci presero le redini della produzione e del commercio.
L’abbazia era ancora famosa e ricca, quando Normanni conquistarono l’Inghilterra dopo la famosa battaglia di Hastings del 1066. Gli invasori normanni accrebbero ulteriormente il fasto di Glastonbury con l’aggiunta di nuovi edifici sontuosi. Il crollo si verifico un secolo dopo circa, quando nel 1184 un incendio di vasta portata distrusse quasi tutti gli edifici presenti e con essi i favolosi tesori che i monaci avevano accumulato nel corso di secoli di fervente attività.
L’incendio distrusse ogni speranza di competere con l’Abbazia di Westminster, che era stato fondata nel 1065, nella capitale del regno inglese. Così, più o meno intorno all’anno 1190, i monaci di Glastonbury diffusero la notizia della scoperta dell’ antica sepoltura di Re Artù e e della Regina Ginevra, che trasportarono all’interno del cimitero della nuova chiesa dell’Abbazia, dotandola di un monumentale sepolcro.
Goffredo di Monmouth e la nascita del Ciclo Arturiano
Qualche decennio prima, Goffredo di Monmouth avevano reso popolare le leggende dei primi re di Gran Bretagna redigendo il componimento poetico intitolato la Storia dei re di Gran Bretagna. Goffredo di Monmouth aveva sostenuto di aver tradotto il testo da un originale gallese, registrando duemila anni di storia britannica, tra cui il più famoso un capitolo intitolato ‘Le profezie di Merlino’, che ha introdotto i racconti più che famosi di Re Artù, di Ginevra, di mago Merlino e della spada magica Excalibur. A quel tempo, la gente pensava ovviamente che la storia fosse la traduzione di fatti realmente accaduti. Non così gli storici di letteratura moderni, i quali ritengono sia solo una storia inventata, lo stesso padre di Goffredo d’altra parte si chiamava Arthur.
Subito i racconti su Re Artù cominciarono a circolare in lungo e in largo per l’Inghilterra, così i monaci di Glastonbury non fecero altro che cavalcare l’onda. Una vera e propria mossa vincente di marketing ante litteram.