Sculture di Buddha da Bazira, grazie alla Missione Archeologica Italiana
La Missione Archeologica Italiana presso le rovine di Bazira, una città dell’Impero Kushan, in Pakistan, ha portato alla luce nuove sculture dal tempio cittadino, raffiguranti Buddha e un dio molto simile a Dioniso
La città della Valle di Swat è nota perché Alessandro Magno la pose sotto assedio intorno al 326 a.C., durante la sua campagna di conquista dell’impero persiano. I proiettili di catapulta che sono stati trovati tra le rovine, potrebbero essere proprio la testimonianza diretta della guerra mossa da Alessandro Magno contro Bazira. La città venne abbandonata alla fine del III secolo, dopo una serie di gravi calamità naturali che causarono in parte anche il crollo dell’impero Kushan.
Le rovine di Bazira, chiamata anche Vajirasthana, si trovano vicino alla città moderna di Barikot, dove la Missione Archeologica Italiana scava dal 1978. Nel corso degli anni gli archeologi hanno riportato alla luce molti importanti palazzi e santuari, restituendoci l’immagine dell’antica città con la sua cultura materiale e le credenze religiose. Tanto che Bazira negli anni è diventato un importante centro per lo studio dell’arte greco-buddhista e dell’integrazione delle due culture tanto distanti che pure qui trovavano il loro trait d’union.
Il rilievo di Buddha dal tempio di Bazira
Il rilievo scoperto in uno dei templi cittadini, narra – spiega l’archeologo Luca Olivieri, direttore degli scavi di Bazira – una scena della vita del principe Siddhartha, il nome originario di Gautama Buddha, in sella al suo cavallo Kanthaka mentre lascia il palazzo di suo padre. Due entità note come yaksha sostengono gli zoccoli di Kanthaka. Un uomo, forse una divinità, sta dietro Kanthaka, e porta la mano sinistra alla bocca mentre con la mano destra agita un indumento, una uttariya.
Secondo le antiche storie buddiste, Siddhartha era un principe che viveva nel palazzo di Kapilavastu, nell’odierno Nepal. Un giorno spingendosi oltre le porte del suo palazzo Siddhartha conobbe la sofferenza, dopo questa esperienza, decise di lasciare il suo palazzo a vivere in completa povertà, al fine di cercare l’illuminazione.
Il rilievo del ‘Dioniso di Bazira’
Un’altra interessante scultura è stata rinvenuta in un cortile adiacente il tempio. La scultura raffigura una figura maschile, forse una divinità seduta in trono, che tiene in una mano un calice di vino e nell’altra la testa di una capra. Come spiega Luca Olivieri, la scultura riporta alla mente l’immagine del Dioniso greco.
Il vino era ampiamente prodotta nella valle di Swat: “Abbiamo trovato decine di antichi torchi e tini nella campagna“. Ha detto Olivieri in un’intervista a LiveScience, aggiungendo che i cittadini di Bazira ebbero diversi problemi con l’alcol: “dai testi, sembra che le scuole buddiste abbiano fatto del loro meglio per frenare l’abitudine di consumare vino e altre ‘bevande inebrianti’ anche tra la comunità monastica“, mentre “la capra è un animale associato alla montagna nelle culture dell’Hindu Kush, la regione locale“.
Lo stupa reale
Un’altra scultura raffigura invece uno Stupa Reale, una struttura usata per la meditazione. Nella parte superiore dello stupa c’è una Harmika, decorata con rosette, mente due colonne con dei i leoni in cima fiancheggiano lo stupa. Come ha suggerito sempre Olivieri forse non si tratta di un’opera di fantasia, ma della riproposizione in scultura di una architettura esistita realmente a Bazira, come conferma il rinvenimento di uno stupa simile datato al IV secolo a.C.